Il concetto di copione spiega come, nel corso della nostra vita, riproponiamo continuamente modi di fare e di sentire che risultano disfunzionali e dolorosi.
Nella quotidianità osserviamo con frequenza persone che si comportano sempre nello stesso modo, sebbene questo modo procuri loro sofferenza e frustrazione, come se seguissero un destino predeterminato. Accanto a persone che amano la vita, sono incuriosite da cose nuove e se ne entusiasmano, ci capita di osservarne altre che sembrano girare in circolo, senza raggiungere mai ciò che desiderano e vivendo ogni giorno uguale all’altro; ne vediamo altre che vivono aspettando che ogni giorno passi, esistendo ma senza vivere davvero; ne vediamo altre ancora che lottano per raggiungere risultati sempre più elevati, ma impedendosi di godersi i traguardi che via via raggiungono. Ci sono altre persone, infine, che mettono in atto comportamenti autodistruttivi abusando di alcool, di droghe, di cibo.
Ognuna di queste persone è nel proprio copione che, come a teatro, ha un inizio e una fine, una trama, dei personaggi e dei ruoli.
In “ciao! …E poi?” Berne definisce il copione “un piano di vita inconscio che si basa su una decisione presa durante l’infanzia, rinforzata dai genitori, giustificata dagli avvenimenti successivi, e che culmina in una scelta decisiva” ( Berne, 1972). Le decisioni prese durante l’infanzia su di sé e sugli altri, rappresentano la migliore strategia individuata dal bambino per sopravvivere in un mondo che spesso sembra ostile e minaccioso. Tali decisioni si basano su un’analisi della realtà distorta e irrazionale, così come può essere quella effettuata da un bambino; da adulti, tuttavia, in situazioni di stress o che ricordano scene dolorose della prima infanzia, tendiamo ad utilizzarle e a seguirle.
La ragione per cui non ci lasciamo alle spalle tali decisoni è da ricercare nel tentativo che anche in età adulta tendiamo a reiterare di ottenere amore e attenzioni incondizionati dalle figure genitoriali; il fine è quindi quello di risolvere quanto è rimasto incompiuto quando eravamo bambini!
La comprensione del copione è importante nel processo di raggiungimento del benessere poiché consente alla persona di individuare i bisogni che non furono esauditi durante l’infanzia, e soddisfarli usando, però, le risorse adulte e abbandonando le soluzioni magiche individuate da bambini.
Da questo punto di vista, io intendo il benessere o la cura proprio come la possibilità di individuare alternative a modi di fare che sono fonte di sofferenza ma ai quali la persona é fortemente ancorata. Pensando il benessere inteso come liberazione da schemi di copione, mi piace molto quello che hanno scritto i Goulding a proposito del curare le persone: “a noi interessa , e insegniamo, qualunque cosa funzioni, qualunque cosa funzioni a guarire la gente dalle proprie fobie, a trasformare la propria angoscia in entusiasmo, a interrompere comportamenti coatti, a smettere di essere depressa e a godersi la vita, invece” ( Goulding, 1979).
Trovo molto interessante pensare alla psicoterapia come a un percorso in cui la persona impara come procurarsi benessere e come godere della vita.
Questa possibilità mi sembra legata proprio all’individuazione e all’uscita dal proprio copione, alla possibilità che la persona si costruisce in terapia, di ridecidere rispetto a decisione antiche ed autolimitanti.
Nella terapia ridecisionale, la persona è responsabile del proprio cambiamento e si riappropria dei propri pensieri, delle proprie emozioni e dei propri comportamenti.
Parabola dell'aquila
Un giorno un contadino, attraversando la foresta, trovò un aquilotto, lo portò a casa e lo mise nel pollaio.
L'aquilotto imparò presto a beccare il mangime delle galline e a comportarsi come loro. Un giorno passò di là un naturalista e chiese al proprietario perché costringesse l'Aquila, regina di tutti gli uccelli, a vivere in un pollaio. "Io le do da mangiare, le ho insegnato ad essere una gallina e l'Aquila non ha mai imparato a volare, si comporta come una gallina, dunque non è più un'aquila", rispose il proprietario e il naturalista: "Essa si comporta esattamente come una gallina, quindi non è più un'Aquila, tuttavia possiede il cuore di un' Aquila e può sicuramente imparare a volare".
Dopo aver discusso della questione i due uomini si accordarono per verificare se ciò fosse vero. Il naturalista prese con delicatezza l’Aquila fra le braccia e le disse: "Tu appartieni al cielo e non alla terra, spiega le tue ali e vola".
L’Aquila tuttavia era disorientata, non sapeva chi era e quando vide che le galline beccavano il grano saltò giù per essere una di loro.
Il giorno seguente il naturalista portò l'Aquila sul tetto della casa e la sollecitò di nuovo: "Tu sei un'Aquila, apri le tue ali e vola". Ma l'Aquila ebbe paura del suo sé sconosciuto e del mondo e saltò giù nuovamente tra il mangime. Il terzo giorno il naturalista si alzò presto, prese l'Aquila dal pollaio e la portò su un alto monte.
Lassù tenne la regina degli uccelli in alto nell'aria e la incoraggiò di nuovo: "Tu sei un'Aquila, tu appartieni tanto all'aria quanto alla terra. Stendi ora le tue ali e vola". L’Aquila si guardò attorno, guardò di nuovo il pollaio, poi il cielo e continuava a non volare. Allora il naturalista la tenne direttamente contro il sole e allora accadde che essa incominciò a tremare e lentamente distese le sue ali. Finalmente si lanciò con un grido trionfante verso il cielo.
Può darsi che l’Aquila ricordi ancora le galline con nostalgia, può persino accadere che visiti di quando in quando il pollaio. Tuttavia per quanto si sappia non è mai ritornata e non ha più ripreso a vivere come una gallina.
Era un'Aquila sebbene trattata ed addomesticata come una gallina! Così come l’aquilotto, ogni persona che abbia imparato a considerarsi come in realtà non è, può scoprire la sua vera essenza, uscire dallo schema fisso in cui vive e riscrivere un nuovo copione.
Introduzione all'Analisi Transazionale
Gli Stati dell'Io
Per la presentazione di questo concetto chiave dell'Analisi Transazionale farò ricorso ad una semplice esercitazione pratica.
Ripensate alle ultime 24 ore della vostra vita.
In questo arco di tempo ci sono stati dei momenti in cui avete agito, pensato e provato emozioni in modo simile a quando eravate bambini?
Ci sono stati altri momenti in cui vi siete ritrovati a comportarvi, a pensare e a sentire in modi che vi ricordano i vostri genitori?
Infine, ci sono state delle circostanze in cui i vostri comportamenti, le vostre azioni e i vostri sentimenti sono stati semplicemente una risposta al qui ed ora, cioè a quanto stava avvenenendo intorno a voi, senza ricalcare modi genitoriali o senza rifarvi alla vostra infanzia?
Seguendo il modello dell'AT, possiamo affermare che nella prima situazione agivate, pensavate e sentivate a partire dallo Stato dell'Io Bambino; nel secondo caso eravate nello Stato dell'Io Genitore e nell'ultima situazione nello Stato dell'Io Adulto.
Lo svolgimento di questo breve esercizio, consente una prima familiarizzazione con il modello tripartito degli Stati dell'Io. Esso è convenzionalmente rappresentato come un insieme di tre cerchi disposti l'uno sopra l'altro (v. figura in alto a destra).
Ogni Stato dell'Io ha una sua programmazione. Alcune persone reagiscono da uno Stato dell'Io più spesso che dagli altri. Ad esempio, le persone che attivano con maggiore frequenza lo Stato dell'Io Genitore, hanno una visione della realtà e degli altri simile a quella che avevano i loro genitori. In questo caso la loro capacità di percepire il mondo risulta limitata o distorta.
Per un buon equilibrio della nostra personalità abbiamo bisogno di attingere alle risorse di tutti e tre gli Stati dell'Io, mentre il disagio è proprio legato ad una condizione di non integrazione fra Genitore, Adulto e Bambino.
Di seguito, è riportato l'articolo di approfondimento di Analisi Transazionale pubblicato sulla rivista Psicologia, Psicoterapia e Salute, 2010, Vol. 16, No. 1, 27-56.
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