top of page
Immagine del redattoreBeatrice Piermartini

La noia e la strutturazione del tempo

Di seguito, riporto, in breve, uno dei temi che ho sviluppato nel libro di cui sono curatrice “I sensi ritrovati. Il corpo del terapeuta nell’incontro clinico”, a cura di Bergamaschi, M., Piermartini, B. (2024), edito da FrancoAngeli.

Il titolo del capitolo è “Come bradipi: corpi annoiati”. 

Parlo del bisogno di organizzare e strutturare il nostro tempo e della funzione psichica della noia, un’emozione spesso trascurata nella letteratura psicologica. Nel capitolo non faccio riferimento alla noia come stato che favorisce la creatività, il pensiero o la conoscenza di sé, come spesso avviene quando si tratta di una condizione temporanea e legata a momenti di assenza di stimoli; parlo, invece, di quella condizione interna in cui la strutturazione del tempo è sospesa e l’entusiasmo, una dimensione centrale dell’esistenza, lascia il posto ad un’apparente indifferenza e lontananza. 

 

 

 

La noia è un’esperienza comune che tutti noi ci troviamo a sperimentare, ma difficile da definire. Molti romanzieri, soprattutto dell’epoca decadente, si sono imbattuti in questo stato affettivo e hanno descritto il tormento che può derivarne. In Madame Bovary, ad esempio, la noia di Emma è paragonata a un ragno silenzioso che, nell’ombra, tesse la sua tela in tutti gli angoli del cuore. Alberto Moravia dedica un intero romanzo alla noia che, per il protagonista Dino, «rassomiglia all’interruzione frequente e misteriosa della corrente elettrica in una casa: un momento tutto è chiaro ed evidente, qui sono le poltrone, lì i divani, più in là gli armadi, la consolle, i quadri, i tendaggi, i tappeti, le finestre, le porte; un momento dopo non c’è che buio e vuoto». 

Otto Fenichel, in un breve saggio dedicato alla noia, tradotto in italiano solo nel 2018, ha parlato «della coesistenza di un bisogno di attività e di un’inibizione dell’attività» e di «un’esperienza spiacevole di mancanza di spinta» (Fenichel, 1934, trad. it. 2018, p. 13), non dovuta necessariamente all’assenza di stimoli, ma all’incapacità di riceverli e di utilizzarli. Da una parte la persona vorrebbe, dall’altra si trova nell’incapacità di lasciarsi stimolare. 

Così, secondo Eastwood, uno dei maggiori ricercatori interessati allo studio della noia, la caratteristica centrale che la contraddistingue è l’esperienza avversa di volere, ma non essere in grado di impegnarsi in attività stimolanti e soddisfacenti (Eastwood, Frischen, Fenske, Smilek, 2012). 

Eric Berne, a proposito della noia, ha scritto: «Il problema quotidiano dell’uomo moderno è la strutturazione delle sue ore di veglia. Se non c’è chi provvede a strutturarle per lui, come generalmente avviene nell’infanzia, egli si trova nella necessità di escogitare o costruire, ora per ora, una strutturazione autonoma» (Berne, 1964, trad. it. 2000, p. 73); e per superare la condizione di noia osserva: «Le forme di rapporto sociale sono modi di strutturare il tempo per evitare la noia e per trarre al tempo stesso la massima soddisfazione possibile da ogni situazione» (Berne, 1964, trad. it. 2000, p. 31).

Nella concettualizzazione di Berne la noia è, dunque, proprio la condizione a partire dalla quale si rende necessaria, per l’uomo, l’organizzazione del tempo che permette di soddisfare la fame di stimolazione, la fame di riconoscimento sociale e il bisogno di dare struttura alle nostre giornate:«La capacità della psiche umana di conservare stati dell’Io coerenti sembra dipendere dal flusso mutevole degli stimoli sensori» (1961, trad. it. 1971, pag.71).

Secondo Berne si possono distinguere sei modalità di strutturazione di tempo. 

Si va dall’isolamento, in cui l’individuo, pur facendo parte di un gruppo, è chiuso in se stesso e indisponibile a ogni forma di relazione, all’intimità, considerata la più alta forma di soddisfazione che un individuo può ottenere dallo scambio sociale: l’amore, il fare l’amore ne rappresenta la sintesi più alta. L’intimità, tuttavia, rappresenta piuttosto un’eccezione che una regola. La maggior parte del nostro tempo è strutturato attraverso i rituali, i passatempi, le attività e i giochi. Un esempio di rituale può essere scambiarsi un saluto e fare due chiacchiere con il vicino di casa o con un conoscente. Un passatempo può essere giocare a carte, mentre un’attività può essere lo studio, il lavoro, un corso di lingue. I giochi psicologici sono tentativi di soddisfare le tre tipologie di bisogno in modo non intimo e continuando a portare avanti il proprio copione, a costo di grandi sofferenze. Un esempio di gioco è quello che può verificarsi fra due persone – ad esempio, una coppia, un genitore e un figlio -  che, nell’impossibilità di fornire validazioni reciproche, portano avanti transazioni in cui si accusano reciprocamente marcando i difetti e le colpe dell’altro. 

 

Ogni modalità di strutturazione del tempo che scegliamo comporta livelli diversi di soddisfazione ma anche di rischio. Maggiore è il senso di soddisfazione che si può trarre da una situazione, maggiore sembra essere il livello di rischio che si corre. Così, l’intimità è lo stato più soddisfacente, ma è anche il più rischioso. Innamorandosi o coinvolgendosi nelle amicizie, ad esempio, si corre il rischio di essere rifiutati, di rimanere delusi, di confermare a se stessi di non essere amabili. Allo stesso modo, impegnarsi in un’attività, come può essere lo studio o il lavoro, implica un coinvolgimento che, ad alcuni livelli, può essere rischioso. Secondo questa ottica, l’isolamento, invece, si associa al più basso livello di rischio, ma anche al più basso livello di soddisfazione.

 

A partire da queste premesse teoriche, mi chiedo: cosa succede in quegli adolescenti ma anche adulti e giovani adulti che vivono in un tempo diffuso e con minime forme di strutturazione? Spesso la noia avvolge i loro corpi, li isola, per così dire, dagli stimoli sensoriali, cognitivi, sociali. Come mai trovano impossibile strutturare il loro tempo, svolgere attività, passatempi, anche semplici rituali e come mai sperimentano difficilmente un senso di soddisfazione? Cosa succede in quei corpi distesi sul letto, avvolti nella nebbia silenziosa della noia? Dove è finito l’entusiasmo che spinge avanti, verso il futuro?

Il corpo è messo in pausa, tutto è fermo. C’è una parte della personalità ferma, sopita che è necessario ascoltare e guarire perché l’energia vitale, l’entusiasmo tornino a scorrere. 

 

Nel capitolo del libro mostro la metodologia che ho seguito per portare aiuto alle parti bloccate della personalità. 

 

 

3 visualizzazioni0 commenti

Post recenti

Mostra tutti

Comments


bottom of page