Dott.ssa Beatrice Piermartini
Psicologa Psicoterapeuta
Phd
Analista transazionale
Didatta e Supervisore PTSTA-P
Largo degli Osci 22, Roma
3471102645
I disturbi d'ansia
L’ansia può essere definita come uno stato di attivazione psico-fisica relativa ad eventi che potrebbero verificarsi o non verificarsi mai.
Lo psicoanalista Henry P. Laughlin definisce l’ansia come una “tensione apprensiva, irrequietezza che nasce dal sentire un pericolo imminente ma vago di origine sconosciuta”.
L’ansia non ha un contenuto definito. Se la paura si focalizza su una specifica minaccia esterna, un evento presente o imminente, come scrive il neuroscienziato Joseph LeDoux
(2016), l’ansia implica una minaccia non definita, meno identificabile, “qualcosa di più interno”, un’aspettativa mentale che può avere a che fare con qualcosa che, spesso, è solo immaginato. Si differenzia dalla paura proprio perché non è la reazione ad uno stimolo preciso, ma è accompagnata da un’ideazione su eventi che, spesso, hanno una
probabilità molto bassa di verificarsi.
Per fare un esempio concreto, la tachicardia di fronte ad un grosso cane che corre verso di noi ringhiando, è legata alla paura; la tachicardia che si verifica quando pensiamo che
a noi o ai nostri cari possa succedere una tragedia, è ansia. La differenza riguarda il fatto che il cane è un pericolo contingente e reale, mentre la “tragedia” è un’idea che si riferisce a qualcosa che potrebbe non succedere mai. Ma se l’origine delle due emozioni
è diversa, il vissuto è, invece, molto simile. Una persona molto ansiosa vive in uno stato di continua attivazione, come se, ad ogni suo passo, incontrasse cani ringhianti o bestie feroci. Quando proviamo ansia o paura, infatti, nel nostro corpo si verificano una serie di
cambiamenti funzionali alla gestione di un pericolo sia esso reale o solo immaginato.
Aumenta il battito cardiaco, il sangue affluisce verso i grandi muscoli scheletrici, vengono rilasciati una serie di ormoni (ad es. adrenalina, noradrenalina, cortisolo), in funzione della risposta di attacco (affrontare il pericolo), fuga (scappare a gambe levate) o di freezing (rimanere immobili, incapaci di afre anche un solo passo), cioè di quelle reazioni che consentono di mettersi in salvo da un pericolo.
La persona ansiosa vive “immersa” nell’ormone dello stress, il cortisolo, ed è
costantemente in uno stato di allerta pronta ad affrontare pericoli e minacce. Si tratta di uno stato davvero doloroso, dal quale, spesso, le persone temono di non uscire più.
Curare l’ansia vuol dire innanzitutto decodificare il significato dei sintomi che la persona riferisce. E’ un po’ come se, con l’ansia, fosse il corpo a parlare. Tradurre in parole ciò che la persona sente e vive, è funzionale alla risoluzione dell’ansia. In altre parole, per superare i sintomi, occorre trovare “le parole per dirlo”[1]. Significa fondamentalmente dare voce a ciò che il nostro corpo esprime, costruire un ponte di significati fra lo stato di agitazione a volte molto intenso e continuo che la persona sente e la sua vita. L’ansia è, generalmente, un segnale importante di quanto la nostra vita sia coerente con il nostro vero Sé, cioè con i nostri bisogni autentici e con i nostri veri desideri. A volte, nel corso della nostra vita, senza rendercene conto, ci allontaniamo troppo da noi stessi, dal modo in cui avremmo voluto vivere, dalle nostre aspirazioni o da quello che sarebbe il nostro autentico stile. Oppure non utilizziamo abbastanza le nostre risorse di persone adulte, tendiamo a cercare appoggi esterni anziché contare sull’autoappoggio, molto più costante e soddisfacente. Se letta in questi termini, l’ansia diventa un segnale importante e utile da decodificare in modo da riconoscere bisogni, emozioni e sentimenti che rischiamo di lasciare inascoltati.
Un percorso psicoterapeutico è di grande aiuto nella decodifica dei segnali di ansia e consiste nel dare voce a quelle parti di sé non viste e inascoltate. Mano a mano che emerge il modo in cui la persona si discosta da sé, l’ansia tende a diminuire e i sintomi si affievoliscono. La psicoterapia diventa un viaggio dentro se stessi durante il quale la
persona impara a conoscersi, focalizza i suoi bisogni, le sue risorse, le sue capacità, vede nuove opzioni e alternative percorribili.
La cura dell’ansia diventa, quindi, cura di sé, delle proprie emozioni e del proprio modo di affrontare la vita, oltrechè ricerca di nuove modalità, più rispettose di sé.
[1] M. Cardinal (1994). Le parole per dirlo. Bompiani.
I traumi dell'attaccamento
Per Jhon Bowlby la funzione del sistema di attaccamento è quella di proteggere il bambino dai pericoli, attraverso il mantenimento della vicinanza con la persona di accudimento, cioè la madre o la coppia genitoriale.
La ricerca di attaccamento si estende lungo tutto l’arco della vita e porta le persone a cercare sostegno e protezione attraverso la vicinanza fisica e psicologica, soprattutto nei momenti di pericolo e di disagio.
Il sistema di attaccamento viene attivato
· da stimoli ambientali che indicano che la sopravvivenza della persona è in pericolo da stimoli che non indicano un pericolo immediato, come il buio, un forte rumore improvviso
· da minacce di separazione e abbandono da parte delle figure di accudimento.
Lo scopo del sistema di attaccamento è, per B., il raggiungimento della protezione e della sicurezza.
Le figure di attaccamento devono fornire aiuti e disponibilità perché si raggiungano i suddetti scopi:
· devono essere sensibili alle richieste di vicinanza della persona che cerca aiuto
· devono fornire sollievo al disagio e risorse di sostegno
· devono costituire la base sicura dalla quale il bambino può partire per esplorare il mondo e per sviluppare le proprie capacità e la propria personalità, sicuro che, se ce ne sarà necessità, troverà aiuto e sostegno.
Differenze individuali nel sistema di attaccamento
Le differenze individuali nel sistema di attaccamento dipendono
· dalla disponibilità delle figure di attaccamento
· dalla loro sensibilità alle richieste
· dalla loro capacità di rispondere
Se la figura di attaccamento è disponibile, sensibile e capace di rispondere adeguatamente alla ricerca di avvicinamento, la persona riesce a prospettarsi soddisfazione e fiducia nell’avvicinarsi all'altro.
La ripetuta esperienza di avvicinamenti soddisfacenti lascia la persona speranzosa e fiduciosa che questo mondo sia vivibile, siano possibili rapporti piacevoli di reciprocità e rimangano energie per dedicarsi ad attività non direttamente legate alla ricerca di sostegno dagli altri.
Se la persona, nell’avvicinarsi alla figura di attaccamento, sperimenta frustrazione, scarsa sensibilità ai bisogni e scarso sollievo alle paure, crescerà con la sensazione che non ci sono soluzioni alla ricerca di sicurezza e appoggio, che gli altri non capiscono i bisogni e occorre fare da sé. I tentativi di raggiungere lo scopo precostituito sono frustrati. Tutto ciò favorisce la creazione di una sensazione di vulnerabilità e incertezza, che può interferire con altre attività della vita quotidiana.
Psicoterapia con gli adolescenti
La sofferenza in adolescenza
Sempre più adolescenti arrivano negli studi di psicoterapia portando quadri sintomatologici
complessi che fanno il loro esordio proprio in questa fase della vita: tagli, uso di sostanze, corpi dal peso pericolosamente troppo basso o troppo alto, ritiro sociale, abbandono scolastico, ansia pervasiva, ore infinite trascorse sui social o in palestra.
Cosa ci dicono questi sintomi di quell’adolescente? Di che cosa costituiscono la
manifestazione?
Il rischio che corriamo è quello di leggere il comportamento di ogni adolescente in modo a-
storico, come se la metamorfosi che quel bambino sta facendo o ha già fatto, sia in grado davvero di ridare qualcosa di nuovo, di staccato dal passato, come se il debutto adolescenziale non fosse il nuovo che viene dal passato.
Di quali risorse, decisioni, bisogni, ferite ci parlano i sintomi in adolescenza? Come accedere al significato di alcuni comportamenti che genitori, insegnanti e terapeuti cercano di modificare,
attraverso la persuasione, le suppliche, talvolta le minacce, le liti?
Progressivamente, in psicoterapia, è possibile portare lo sguardo verso la memoria implicita,
verso ciò che è accaduto agli albori della nostra vita o meglio sin agli albori della nostra vita e sulla funzione di ogni aspetto della personalità che si fa avanti in terapia. I sintomi sono il
modo in cui l’adolescente di oggi ha imparato a difendersi dalla sofferenza.
Seppur camminando sul filo, i terapeuti e i loro clienti adolescenti possono, con curiosità e pazienza, accedere al senso e alla funzione di quei comportamenti che genitori e figli vorrebbero cambiare senza, tuttavia, riuscirci.
Principali ambiti di intervento
Il mio approccio terapeutico
Integro l'Analisi Transazionale con il Trauma-Informed Stabilization Treatment di cui ho conseguito la formazione di II livello con Janina Fisher.
Mi occupo di:
Disturbi d'ansia
Disturbi della personalità
Traumi dell'attaccamento
Regolazione emotiva
Con chi lavoro
Nella mia pratica clinica mi occupo di adolescenti, giovani adulti e adulti.
Effettuo, inoltre, incontri con i genitori di adolescenti.
Attività di insegnamento e di supervisione
Sono docente invitato presso l'Università Pontificia Salesiana di Roma.
Svolgo formazione rivolta a psicologi e psicoterapeuti e attività di supervisione.
Attività di insegnamento e di supervisione
Sono docente invitato presso l'Università Pontificia Salesiana di Roma.
Svolgo formazione rivolta a psicologi e psicoterapeuti e attività di supervisione.
Una prima tappa del mio lavoro è l’analisi della domanda, cioè la comprensione dei motivi principali per i quali una persona chiede il mio intervento. In genere, propongo quattro incontri iniziali in cui io ho la possibilità di esplorare il problema e di capire se, in base alle mie competenze, sia possibile avviare un vero e proprio percorso. Chi si rivolge a me, del resto, in questi primi incontri, ha modo di capire se si trova a suo agio e se si sente stimolato
dal metodo che utilizzo. Rispetto a questo, sin dalla prima seduta fornisco una psicoeducazione: spiego, cioè, come inquadro il problema e come penso sia necessario
procedere. Fornisco informazioni su ogni passaggio del lavoro e sui modelli teorici cui attingo per inquadrare i processi psicologici che osservo.
Per me la psicoterapia è un percorso di scoperta che terapeuta e cliente svolgono insieme passo passo. In questo senso, mi guida il principio analitico transazionale dell’okness: ognuno è ok e tutti hanno la possibilità di pensare e di cambiare. Per questa ragione, il linguaggio che
uso è semplice e comprensibile. Per spiegare i processi psicologici che individuo uso la
lavagna e fogli bianchi. Il fine del mio lavoro è quello di favorire nella persona la conoscenza e una cura accogliente
delle diverse parti di sé.
Una prima tappa del mio lavoro è l’analisi della domanda, cioè la comprensione dei motivi principali per i quali una persona chiede il mio intervento. In genere, propongo quattro incontri iniziali in cui io ho la possibilità di esplorare il problema e di capire se, in base alle mie competenze, sia possibile avviare un vero e proprio percorso. Chi si rivolge a me, del resto, in questi primi incontri, ha modo di capire se si trova a suo agio e se si sente stimolato
dal metodo che utilizzo. Rispetto a questo, sin dalla prima seduta fornisco una psicoeducazione: spiego, cioè, come inquadro il problema e come penso sia necessario
procedere. Fornisco informazioni su ogni passaggio del lavoro e sui modelli teorici cui attingo per inquadrare i processi psicologici che osservo.
Per me la psicoterapia è un percorso di scoperta che terapeuta e cliente svolgono insieme passo passo. In questo senso, mi guida il principio analitico transazionale dell’okness: ognuno è ok e tutti hanno la possibilità di pensare e di cambiare. Per questa ragione, il linguaggio che
uso è semplice e comprensibile. Per spiegare i processi psicologici che individuo uso la
lavagna e fogli bianchi. Il fine del mio lavoro è quello di favorire nella persona la conoscenza e una cura accogliente
delle diverse parti di sé.
Metodologia nel mio lavoro clinico
Metodologia
Una prima tappa del mio lavoro è l’analisi della domanda, cioè la comprensione dei motivi principali per i quali una persona chiede il mio intervento. In genere, propongo quattro incontri iniziali in cui io ho la possibilità di esplorare il problema e di capire se, in base alle mie competenze, sia possibile avviare un vero e proprio percorso. Chi si rivolge a me, del resto, in questi primi incontri, ha modo di capire se si trova a suo agio e se si sente stimolato
dal metodo che utilizzo. Rispetto a questo, sin dalla prima seduta fornisco una psicoeducazione: spiego, cioè, come inquadro il problema e come penso sia necessario
procedere. Fornisco informazioni su ogni passaggio del lavoro e sui modelli teorici cui attingo per inquadrare i processi psicologici che osservo.
Per me la psicoterapia è un percorso di scoperta che terapeuta e cliente svolgono insieme passo passo. In questo senso, mi guida il principio analitico transazionale dell’okness: ognuno è ok e tutti hanno la possibilità di pensare e di cambiare. Per questa ragione, il linguaggio che
uso è semplice e comprensibile. Per spiegare i processi psicologici che individuo uso la
lavagna e fogli bianchi. Il fine del mio lavoro è quello di favorire nella persona la conoscenza e una cura accogliente
delle diverse parti di sé.
Questo volume nasce dal desiderio di indagare le differenti modalità attraverso cui il corpo viene vissuto ed esperito nel lavoro clinico. Il punto di partenza è, dunque, il corpo del terapeuta, inteso come strumento prezioso di ascolto, rivelazione, sintonizzazione e, al tempo stesso, luogo di vulnerabilità e umanità. Il testo si sviluppa a partire da un interrogativo: come il terapeuta usa le sensazioni e le emozioni che l'incontro con ogni persona evoca nel suo corpo? In altri termini, come usa gli aspetti corporei del controtransfert per favorire un cambiamento nell'esperienza interna del paziente? Da una prima sezione teorica che approfondisce il funzionamento dei sistemi sensoriali avvalendosi di alcuni aspetti delle neuroscienze, il libro si snoda poi in quattro parti di natura esperienziale ricchi di esempi di lavoro con bambini, adolescenti, giovani, adulti e istituzioni. Il filo rosso è la descrizione di come il terapeuta, a partire dall'attenzione al proprio corpo, sente, vede e accoglie i segnali somatici del paziente, intesi come manifestazione dei processi in atto nel qui e ora della seduta. Le voci di più autori che si muovono da approcci diversi - l'analisi transazionale, l'analisi immaginativa ad orientamento psicodinamico, la psicoanalisi, la neuropsicologia, l'approccio sistemico-relazionale e psicocorporeo - contribuiscono a creare una ricchezza che si ricongiunge nel mostrare come il corpo, prima sentito e poi pensato, sia la via di accesso privilegiata all'implicito di cui è espressione.
Il volume offre strumenti teorici e operativi per riconoscere e trattare l’invidia. Il modello di lavoro proposto è diviso in tre fasi e guida il terapeuta, passo dopo passo, al riconoscimento dell’invidia e all’uso di questo prezioso materiale clinico. L’invidia è un sentimento che trova posto, al pari di tutti gli altri, nella relazione clinica. Non è insolito, infatti, che il paziente, ad un certo punto del trattamento, provi questo sentimento nei confronti del terapeuta, a volte in modo così intenso da determinare uno stallo nell’avanzamento della terapia. L’invidia che il paziente prova proprio per le cose buone che la terapia offre può essere particolarmente marcata nelle personalità narcisistiche al punto che, in questi casi, la cura non può prescindere dal trattamento del processo invidioso in atto. Le autrici del volume, all’interno di una cornice teorica che coniuga i contributi dell’analisi transazionale con la teoria delle relazioni oggettuali e la psicologia del Sé, analizzano l’origine e le manifestazioni dell’invidia. Nello specifico, il volume offre strumenti teorici e operativi per riconoscere e trattare l’invidia. Il modello di lavoro proposto è diviso in tre fasi e guida il terapeuta, passo dopo passo, al riconoscimento dell’invidia e all’uso di questo prezioso materiale clinico. La metodologia proposta si configura come un processo di integrazione dei sentimenti del paziente e come un lavoro sulle difese primitive erette quando questo sentimento si attiva in modo massiccio. Mentre il mancato riconoscimento del processo in atto mina la terapia stessa, il lavoro sull’invidia rappresenta un passaggio di grande rilevanza ai fini del rafforzamento della relazione terapeutica. Il testo non tralascia le difficoltà e le sfide affrontate dal terapeuta e mostra come il controtransfert rappresenti lo strumento di lavoro privilegiato per navigare fra le acque tumultuose e, al contempo, estremamente fruttuose dell’invidia.
Parte II. Dalla teoria alla metodologia
Giuseppe Cherri, Beatrice Piermartini. Un modello di lavoro integrato. "Le parole per dirlo"
(Introduzione; Foma; Diagnosi; L'ansia come espressione di uno stato di disregolazione emotiva; Sintomi, disturbo e cause dell'ansia; Piano di trattamento; Processo terapeutico; La tabella del piano di trattamento)
Dietro ogni ansia si nasconde una storia. Nei nostri studi ogni giorno ascoltiamo narrazioni di adolescenti che cercano da noi nuove vie e strumenti per eliminare sintomi, ansia, frustrazione o paura. Vogliono trovare significati per riuscire a vivere nelle loro potenzialità con leggerezza. Molti ragazzi sanno e fanno ma hanno bisogno di essere riconosciuti. Hanno bisogno di empatia e di sguardi che apprezzino il loro operato per costruire una visione condivisa che diventi momento di crescita. La letteratura scientifica conferma che l’efficacia dell’intervento dipende in buona misura dall’alleanza, ma per dispiegare un percorso terapeutico, una storia nella storia, servono solide basi teoriche. Le presentiamo qui coniugando clinica e ricerca: una sfida che si trasforma in un’esperienza costruttiva e appassionante. Il volume fa parte di un progetto nazionale che ha come scopo il riconoscimento scientifico dell’analisi transazionale come trattamento empiricamente supportato per i disturbi d’ansia, presenta un lavoro corale realizzato da psicoterapeuti, formatori clinici e supervisori di Itaca (International Transactional Analysts for Childhood and Adolescence) e si sviluppa in tre parti. Nella prima viene presentata la letteratura teorica analitico-transazionale soffermandosi sugli aspetti eziologici e psicopatologici che ne sono all’origine. Nella seconda si affrontano aspetti più prettamente metodologici che vanno dalla diagnosi al piano di trattamento, sino alla presentazione del processo terapeutico completo. Nella terza, infine, le review di altri modelli di trattamento - cognitivo-comportamentale, psicodinamico e dell’attaccamento - aprono lo sguardo e permettono un confronto trasparente ed immediato con la letteratura scientifica internazionale.
Che cosa avviene nel nostro cervello quando proviamo un’emozione? Quali circuiti si attivano quando la paura, la rabbia o la tristezza esplodono dentro di noi? Come facciamo a regolarne l’intensità? E ancora, il nostro cervello, una volta sviluppato, ha la possibilità di evolversi permettendoci di cambiare o rimane imprigionato nelle sue strutture? Il linguaggio delle emozioni si rivolge a tutti coloro che si interrogano sul mondo emotivo e presenta le moderne teorie neuroscientifiche sulle emozioni e sulla plasticità del cervello con un linguaggio che ne favorisce un’immediata comprensione. Il testo è arricchito da esercizi pratici che stimolano il confronto con le proprie emozioni e da esempi clinici, frutto di anni di insegnamento e di pratica psicoterapeutica dell’autrice. Il lettore è guidato in un percorso di conoscenza che parte dalla definizione delle emozioni, ne esamina i correlati neurologici, affronta il tema della comprensione degli stati emotivi e giunge alla regolazione emotiva come meta da approfondire. La regolazione delle emozioni è descritta come un percorso di consapevolezza che favorisce la capacità di osservare, pensare, valutare e agire, per raggiungere, talvolta per strade anche tortuose, la propria condizione di benessere e di autenticità.
Il presente lavoro verte sull’importanza del riconoscimento del sentimento di invidia nel lavoro
terapeutico con il paziente narcisista. L’invidia è letta come un “attacco” che il paziente può rivolgere
alle “cose buone” che costruisce con il terapeuta, mettendosi nella condizione di non avanzare nel
raggiungimento degli obiettivi terapeutici.
La riflessione verte anche sui rischi, per il processo terapeutico, di un mancato riconoscimento
dell’attacco di invidia del paziente e, al contrario, sulle potenzialità che il lavoro su questo sentimento
contiene. Rintracciare il significato dell’invidia che il paziente prova favorisce, infatti, per la nostra
esperienza, un avanzamento dell’alleanza terapeutica e un’opportunità di cambiamento.
L’attacco invidioso è letto come una identificazione proiettiva e viene collocato all’interno di una
cornice teorica che integra i contributi dell’AT con la teoria delle relazioni oggettuali e la Psicologia
del Sé: secondo questa ottica, verrà analizzata l’origine dell’invidia, le sue manifestazioni e il
significato psicodinamico che è possibile rintracciare al di sotto di questo doloroso sentimento.
Il significato psicodinamico del processo di invidia nel paziente narcisista.
Panella, F., Cherri, G., Piermartini, B. (2015)
Think about the mind: the relationship as path repairer of traumatic experiences in Borderline Personality Disorder. In European Association for transactional Analysis. Book Of Abstract. Padova: Cleup Sc.
Piermartini, B. (2022) Recensione della pubblicazione L'alimentazione emotiva, Safer D. L., Adler, S., Masson, P.C., Orientamenti pedagogici, 3.
Cherri, G., Piermartini, B. (2020). Un modello di lavoro integrato sull'ansia in adolescenza. Le parole per dirlo. In S. Morena, M. Bergamaschi (Eds.), Analisi Transazionale per i disturbi ansiosi in adolescenza Dietro ogni ansia si nasconde una storia. Milano: FrancoAngeli.
Liverano, L., Piermartini, B. (2020). Il trattamento dell'invidia nel paziente narcisista. Un modello di lavoro. Milano: FrancoAngeli.
Piermartini, B., Cherri, G. (2019). Il trattamento dell'ansia negli adolescenti come processo di regolazione emotiva in un'ottica analitico - transazionale. Neopsiche. Rivista di Analisi Transazionale e Scienze Umane, 26, pp. 119-154.
Piermartini, B. (2014). Extract from the doctoral thesis: Comparing immigration and family models. Empirical research on the perception of family relationships in "second generation" Italian teenagers, and foreign-born (Chapter II and III). Roma: Pontificia Università Salesiana.
Liverano, A., Piermartini, B., Cherri, G. (2010). Obsessive-compulsive disorder and the New Addiction. The case of S.: Addiction as illness or addiction as identity? Italian Journal for Transactional Analysis and Psychotherapeutic Methodologies, 21, 61-70.
· Liverano, A., Piermartini, B. (2010). The concept of Integrating Adult and its implications in the therapeutic relationship. Psychology, Psychotherapy and Health, 1, 27-56.
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I sensi ritrovati
Questo volume nasce dal desiderio di indagare le differenti modalità attraverso cui il corpo viene vissuto ed esperito nel lavoro clinico. Il punto di partenza è, dunque, il corpo del terapeuta, inteso come strumento prezioso di ascolto, rivelazione, sintonizzazione e, al tempo stesso, luogo di vulnerabilità e umanità. Il testo si sviluppa a partire da un interrogativo: come il terapeuta usa le sensazioni e le emozioni che l'incontro con ogni persona evoca nel suo corpo? In altri termini, come usa gli aspetti corporei del controtransfert per favorire un cambiamento nell'esperienza interna del paziente? Da una prima sezione teorica che approfondisce il funzionamento dei sistemi sensoriali avvalendosi di alcuni aspetti delle neuroscienze, il libro si snoda poi in quattro parti di natura esperienziale ricchi di esempi di lavoro con bambini, adolescenti, giovani, adulti e istituzioni. Il filo rosso è la descrizione di come il terapeuta, a partire dall'attenzione al proprio corpo, sente, vede e accoglie i segnali somatici del paziente, intesi come manifestazione dei processi in atto nel qui e ora della seduta. Le voci di più autori che si muovono da approcci diversi - l'analisi transazionale, l'analisi immaginativa ad orientamento psicodinamico, la psicoanalisi, la neuropsicologia, l'approccio sistemico-relazionale e psicocorporeo - contribuiscono a creare una ricchezza che si ricongiunge nel mostrare come il corpo, prima sentito e poi pensato, sia la via di accesso privilegiata all'implicito di cui è espressione.
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